Come investire soldi a lungo termine quando l’inflazione sale

Se stai cercando di capire come investire i tuoi soldi, probabilmente sei nel posto giusto. In questo articolo vedremo, in primis, cosa significa investire. Secondariamente, vedremo come investire i soldi nel lungo termine, prestando particolare attenzione a un genere di asset che, storicamente, si è dimostrato molto redditizio: le azioni.

Prima di andare al sodo, però, lasciamelo dire in tutta franchezza: già il fatto che tu abbia voglia e soldi da investire non è cosa da poco. I più hanno la sfortuna di credere che i soldi servano solo a divertirsi nel weekend. Di conseguenza, non appena hanno due euro in tasca, trovano subito una valida ragione per spenderli. 

Ma bisogna capirli: dopo tutto, cosa c’è di più gratificante che accondiscendere all’impulso ad acquistare? Il vizio di spendere potrebbe essere elevato a virtù, se non fosse che a lungo andare produce effetti devastanti.

Vorrei quindi poter iniziare questo articolo dando per scontato che anche tu creda che risparmiare al fine di acquistare cose di valore sia meglio che buttare soldi in cose che si svalutano non appena te le porti a casa.

Supponiamo dunque di essere d’accordo almeno su questo: risparmiare è importante. E assumiamo pure che avendo vinto la tentazione di comprare tutto quello che non ci è strettamente necessario (cibo, vestiti, bollette, ecc), siamo finalmente riusciti a mettere da parte un piccolo gruzzoletto. Diciamo che abbiamo 1.000 euro nel cassetto, okay? 

Obiettivo risparmio raggiunto. E adesso? Che ne facciamo di questi soldi?

Qual è il modo migliore per investire soldi?

Vediamo dunque come gestire i soldi che siamo riusciti a risparmiare.

Una prima opzione potrebbe essere quella di metterli sotto il materasso. Ma qui subentra il tema inflazione. Se oggi mettiamo 1.000 euro sotto il materasso, tra dieci anni ne troveremo ancora 1.000 (sempre che nessuno ci abbia rubato in casa).

In prima battuta, non sembra un’idea malvagia. Ma se da un lato è vero che tra dieci anni nominalmente avremo ancora lo stesso importo, dall’altro dobbiamo considerare che in termini reali il nostro potere d’acquisto sarà scemato enormemente: il tempo priva i soldi del loro potere.

Come seconda opzione, potremmo considerare di metterli in banca. Il che sarebbe già un passo avanti rispetto al materasso, posto che le banche pagano interessi sui capitali depositati nei loro forzieri. Ma considerato che gli interessi delle banche sono incredibilmente miseri, anche quest’idea lascia il tempo che trova. Come per il caso del materasso, tra dieci anni parte del nostro potere d’acquisto sarà andato a farsi benedire.

Un’altra cosa che potremmo fare è questa, comprare dei buoni di stato, i cosiddetti bond. In pratica, potremmo prestare i nostri 1.000 euro all’Italia (o a un altro paese) per dieci anni in cambio di un interesse (che mentre scrivo si attesta al 4,6%), oltre che della restituzione del capitale prestato.

Purtroppo, anche questa idea potrebbe far alzare qualche sopracciglio. Motivo? Il tasso di interesse dei bond è così basso da non sopperire alla diminuzione del nostro potere di acquisto. Non solo: se vincoliamo i nostri 1.000 euro a un titolo di stato, dobbiamo rinunciare a tutte le opportunità di investimento che salteranno fuori nei prossimi dieci anni. E come se non bastasse, quei pochi interessi che lo Stato paga sono pure tassati!

Ok, quindi come investire questi soldi? Quale è il modo migliore per investire? Quali sono gli investimenti più redditizi?

Beh, perché non prendiamo in considerazione la possibilità di mettere i nostri risparmi in un’azienda? Perché non acquistiamo una fetta di una società che ha dato prova di saper generare ritorni a capitale superiori a quel misero interesse che gli stati e le banche offrono? Perché non affidiamo i nostri soldi a imprenditori che hanno platealmente dimostrato di saper generare soldi? Perché, in parole povere, non ci compriamo delle azioni?

Cosa significa investire? Il mercato azionario

Prima di lanciarsi a parlare di azioni, occorre fare una premessa sulla natura del mercato azionario. Il mercato è un organismo estremamente complesso, composto da milioni di partecipanti che in comune non hanno niente se non la incrollabile volontà di perseguire un unico e inequivocabile obiettivo: quello di arricchirsi. In questo mondo, la speculazione è all’ordine del giorno.

Come evidenziato da Ben Graham, nel breve periodo il mercato assomiglia alle urne in cui ci si reca per votare, dove si esprimono una miriade di voti, che sono in parte frutto di ragione e in parte di pure emozioni. Nel lungo periodo, invece, lo stesso mercato funziona come una sorta di bilancia: quando la gente spinge i prezzi a livelli insostenibili, il mercato tende a ribilanciarsi. Mentre quando i prezzi sono a terra, il mercato tende a rialzarsi.

Ora, al contrario dello speculatore, il quale guarda alle azioni come a gettoni che valgono tanto quanto gli altri sono disposti a pagarli, l’investitore si considera un socio delle aziende in cui investe. In questo senso, egli non si sente costretto a liquidare il proprio investimento solo perché le azioni sono scese. Infatti, nel breve periodo, può anche dimenticarsi del prezzo delle azioni che ha comprato.

Se c’è una lezione che Ben Graham non avrebbe avuto timore di scrivere sui muri delle case è proprio questa: quando acquistiamo un’azione, diventiamo soci della società che l’ha emessa, proprio come accadrebbe se decidessimo di acquistare l’azienda dietro casa: ne diventeremmo soci.

Quali sono i titoli a basso rischio?

Se pensi che investire in azioni sia rischioso e che i bond siano investimenti a basso rischio, allora forse è il caso di soffermarsi brevemente sulla nozione di “rischio”, una parola il cui significato è spesso confuso con quello di “volatilità”.

Il rischio di un investimento consiste nella probabilità di perdere il capitale investito, non nel fatto che il prezzo delle azioni diminuisca temporaneamente. Un investimento è rischioso nella misura in cui causa la perdita del capitale investito. La volatilità, invece, consiste nell’oscillazione del prezzo delle azioni rispetto a una data media. Due nozioni tanto diverse quanto confuse.

Per intenderci, se acquistiamo le azioni di una società e questa dopo un anno fallisce, potremmo riportare una perdita. Se, invece, acquistiamo un’azienda sana che, per ragioni svincolate dalla sua situazione finanziaria, vede le sue azioni scendere del 30%, ciò non significa che il rischio sia aumentato. (Infatti, sarebbe del tutto possibile sostenere che sia diminuito). Il fatto che all’improvviso il mercato non sia più disposto a pagare quello che era disposto a pagare prima, non implica che il valore dell’azienda sia mutato.

Non è che il prezzo delle azioni non sia importante. Al contrario, è importantissimo, posto che su di esso si determina il ritorno sull’investimento. Tuttavia, a concentrare tutta l’attenzione sull’andamento del prezzo si finisce per maturare la falsa convinzione di possedere dei numeri che cambiano di giorno in giorno e ci si scorda di essere titolari di una frazione di un’azienda il cui valore può crescere rispetto all’attuale prezzo di mercato.

Chi confonde la nozione di rischio con quella di volatilità è persuaso che i bond siano più sicuri. Per aiutarci ad aprire gli occhi sulla realtà dei fatti, Warren Buffett ci spiega che, sebbene siano percepiti come titoli a basso rischio, “in verità, [i bond] sono tra gli asset più rischiosi che ci siano”. “Nel corso dello scorso secolo”, prosegue Buffett in una delle sue lettere, “questi strumenti hanno distrutto il potere di acquisto degli investitori in moltissimi paesi”.

La ragione è semplice: gli interessi generati dai titoli di stato non compensano pressoché mai alla perdita del potere d’acquisto dei loro titolari. Se così non fosse, nessuno li metterebbe in circolazione. Pensaci: se un titolo di stato ti offre il 3% in un contesto economico in cui i prezzi aumentano del 10% su base annua, dopo un anno il tuo potere d’acquisto non sarà aumentato del 3%: sarà diminuito del 7%.

Da cui la differenza tra volatilità e rischio: in questo caso, la volatilità è prossima allo 0% (salvo che lo stato vada in bancarotta, ogni anno tu riceverai il tuo 3%), ma il rischio di perdere parte del tuo potere di acquisto è prossima al 100% (salvo che non si entri in una fase di deflazione).

Non rimane dunque che arrendersi al fatto che per conservare il nostro potere d’acquisto abbiamo bisogno di strumenti finanziari che generino ritorni superiori all’aumento dei prezzi, sia presenti sia futuri. Storicamente parlando, le azioni hanno dimostrato di saper offrire tale protezione. Il motivo è che le società, potendo aumentare i prezzi di quello che vendono, possono tener testa all’aumento del costo della vita.

Dove investire soldi nel lungo termine?

Ora, posto che abbiamo depennato il materasso, i depositi bancari e i bond dalla lista delle opzioni a nostra disposizione, la domanda che dobbiamo farci non è tanto se acquistare azioni, ma piuttosto quali azioni comprare. E qui viene nuovamente in nostro aiuto Buffett, il quale senza mezzi termini, ammette di avere quattro semplici criteri per determinare quali azioni acquistare: “Noi vogliamo società che:

  1. siamo in grado di capire 
  2. abbiano buone prospettive a lungo termine 
  3. siano gestite da persone oneste e competenti
  4. siano disponibili a prezzi molto attraenti”

Aggiunge poi che, “la migliore società da possedere è quella che nel corso di un lungo periodo di tempo sa impiegare ingenti quantità di capitale a tassi di rendimenti molto elevati”. Tradotto, ciò significa che secondo lui le società migliori sono quelle che non solo generano un sacco di soldi, ma che hanno anche la possibilità materiale di reinvestire i loro profitti in progetti che, a loro volta, possano generare ulteriori guadagni, mese dopo mese, anno dopo anno.

Non lo dice apertamente, ma, come è solito fare, Buffett implicitamente afferma che la cosa fondamentale è che le società che acquista possano far leva sul potere dell’interesse composto.

Quali sono gli investimenti più redditizi? Le azioni e il potere dell’interesse composto

Investire in società che, nel lungo periodo, possono reinvestire proficuamente i loro introiti è importante. Ma quanto è importante? Per farsene un’idea, considera a titolo illustrativo che una società che in media genera un ritorno a capitale del 20% e reinveste il 100% dei suoi profitti all’interno dell’azienda, cresce di 140 volte in 25 anni. Ciò significa che, a parità di tutte le altre condizioni, in 25 anni, 1.000 euro si trasformano in 140.000 euro.

Ignorare le fluttuazioni a breve termine e concentrarsi sul lungo termine conviene. Ecco perché. Ipotizziamo che due individui – il sig. Rossi e il sig. Bianchi – decidano di fare lo stesso identico investimento: entrambi comprano 1.000 euro di azioni della società X, la quale ha un ritorno a capitale del 15%. Assumiamo poi che il sig. Rossi decida di vendere le sue quote dieci anni dopo aver investito, mentre il sig. Bianchi, molto più paziente, aspetta fino al ventesimo anno. Ebbene, è qui che la magia dell’interesse composto si esprime in tutta la sua bellezza: nel tempo! Ecco quello che i due investitori possono aspettarsi di ricevere:

  • Sig. Rossi, 10 anni dopo: 4.500 euro
  • Sig. Bianchi, 20 anni dopo: 20.000 euro

Tanto è il potere dell’interesse composto!

Non lo si ripeterà mai abbastanza, quando compri un’azione diventi socio di un’organizzazione di persone. Evita dunque di farti prendere dal panico se il prezzo delle azioni cala quando i giornali riportano che gli utili non sono quelli che gli analisti si aspettavano.

Non ti scoraggiare se i risultati dell’ultimo quadrimestre non soddisfano le aspettative degli “esperti”: spesso non basta un anno intero per trarre conclusioni definitive sull’effettivo stato di un’azienda. Come gli uomini, anche le società hanno i loro alti e bassi: è nella natura delle cose. In verità, spesso un pessimo quadrimestre non rappresenta altro che un’opportunità per accaparrarsi ottime aziende.

Quali sono i titoli a basso rischio? Il margine di sicurezza e l’importanza del prezzo

Giunti a questo punto, uno potrebbe cominciare a formarsi l’idea che per guadagnare in borsa sia sufficiente acquistare ottime società e lasciare che il tempo faccia il suo lavoro. Il che non è del tutto sbagliato, anzi è giusto in un certo senso. Giusto, ma incompleto. Perché la partita non si gioca unicamente investendo in ottime società. Tra i criteri a cui Buffett si rifà per decidere se acquistare una società, se ne annovera uno spesso trascurato.

Il prezzo!

La società che si acquista, dice Buffett, deve essere “disponibile a un prezzo molto attraente”. E ha ragione da vendere. Dopo tutto, che cosa significa investire se non acquistare beni che valgono più di quel che costano? Che cosa significa se non acquistare cose il cui valore è superiore al prezzo che si paga? Affinché un’operazione sia qualificabile come investimento, deve poter restituire più di quel che costa.

L’importanza del prezzo è data soprattutto dall’essere i mercati finanziari caratterizzati da un elevato grado di incertezza, la quale dipende da un’ampia serie di fattori (economici, politici, tecnologici, militari, ecc) che sfuggono dal controllo di chi investe. Nei mercati una sola cosa è certa: che sono incerti.

Per proteggersi da tale incertezza, il primo passo consiste nell’assicurarsi un margine di sicurezza, vale a dire uno scudo contro gli imprevisti futuri. “La funzione del margine di sicurezza, in essenza, è quella di rendere superflua un’accurata stima del futuro” dice Graham nel suo The Intelligent Investor. Tale margine dipende sempre dal prezzo che si paga. Minore è il prezzo, maggiore è il margine.

Per intenderci, se crediamo che un’azienda valga 1.000 e vogliamo procedere in sicurezza, non la compreremo a 999, ma aspetteremo piuttosto che scenda a 500. Del resto, per quanto possano essere accurate, le nostre analisi potrebbero aver trascurato di considerare qualche importante dettaglio. Non per niente il Codice della Strada ci obbliga a mantenere una distanza di sicurezza dall’auto che ci precede: la strada, come in mercati, sono spesso imprevedibili.

Dunque, per rispondere alla domanda che ci siamo fatti in partenza (Quali sono i titolo a basso rischio?): il rischio dipende sempre dal prezzo che si paga. Una determinata azione può essere rischiosa se la si compra quando costa X, ma può presentare pochissimi rischi quando il suo prezzo scende a ½X.

È difficile pensare a qualcosa di meno saggio che fiondarsi a comprare azioni “gonfiate”, vale a dire quelle che vanno di moda, e che pertanto non sono disponibili se non a prezzi salatissimi. Se esiste una formula per fallire è proprio questa: acquistare quello che acquistano tutti quando lo acquistano tutti. “Le osservazioni svolte nel corso degli anni”, dice Graham, “ci insegnano che le perdite maggiori derivano dall’acquisto di azioni di bassa qualità in tempi di business favorevoli”.

“La folla”, disse Seneca in risposta alla domanda posta da Tullio circa cosa si dovrebbe evitare. “Più è la gente con cui ci mescoliamo, tanto maggiore è il rischio che corriamo.” Avranno pure duemila anni, ma queste parole sembrano rivolte agli investitori del ventunesimo secolo.

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Riassumendo

Sintetizzando quello che ci siamo detti su come investire i soldi:

  • Se mettiamo i nostri soldi sotto il materasso o in banca, saranno erosi dall’inflazione.
  • I titoli di stato (bond) offrono un tasso di interesse che non sopperisce alla perdita del nostro potere d’acquisto.
  • Storicamente, le azioni sono il miglior strumento per difendersi dall’inflazione.
  • Il mercato azionario è caratterizzato da un elevato grado di incertezza.
  • Per difenderci dall’incertezza, serve un margine di sicurezza.
  • Il margine di sicurezza dipende dal prezzo che paghiamo.

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